Il fenomeno del distacco degli impianti fotovoltaici dalla rete è un problema frequente e particolarmente fastidioso perché spesso accade proprio nel momento in cui la produzione dell’impianto è al suo massimo.
Il distacco degli impianti FV dalla rete causa diversi disagi, uno dei principali è perdere la possibilità di vendere energia e autoconsumarla. Gli inverter presenti negli impianti si ricollegano in automatico dopo qualche minuto di stop ma, se la tensione è ancora alta, staccheranno di nuovo dando origine a continui ON-OFF. Per poter essere quindi collegati alla rete italiana in bassa tensione, devono essere conformi alla Norma CEI 0-21, la quale prescrive una protezione di interfaccia che scollega l’impianto di produzione dalla rete in caso di valori anomali di tensione e/o frequenza.
Se ci si accorge che l’inverter si scollega dalla rete sarebbe opportuno, come prima cosa, rilevare il codice di errore riportato, per poi risalirne alla causa. Nella maggior parte dei casi il distacco è dovuto a una tensione troppo alta (protezione 59 S1). In particolar modo l’inverter deve scollegarsi entro 10 minuti se la tensione media supera il 10% della tensione nominale, vale a dire 253 V tra fase e neutro. Gli impianti più soggetti a questo tipo di problema sono quelli da 6 kW monofase in aree scarsamente abitate e ubicati lontano dalla cabina MT/BT del distributore.
Per quale motivo la tensione si alza?
Per poter risolvere o mitigare questo problema dobbiamo prima capire le cause della sovratensione. Utilizzando semplici principi di elettrotecnica vediamo qual è il meccanismo che fa aumentare la tensione presso il prosumer (produttore e consumatore).
Sappiamo tutti che, se assorbiamo potenza da una linea, la tensione presso l’utilizzatore si abbasserà di una quantità chiamata caduta di tensione e calcolabile in maniera approssimata con la formula della caduta di tensione industriale che nel caso monofase è:
DV = I (RL cosφ + XL senφ)
Quando immettiamo potenza in rete, al posto di prelevarla, l’effetto è contrario si ottiene quindi una maggior tensione ai capi del nostro punto di consegna rispetto all’origine della linea. Ma vediamo meglio in dettaglio il perché.
Modello semplificato
Il modello nella figura rappresenta un impianto di produzione collegato a una linea proveniente dalla cabina del distributore. Sono state fatte molte semplificazioni per rendere il modello di immediata comprensione, in particolar modo ho considerato che l’inverter immetta potenza a cosφ= 1 (come avviene nella maggioranza dei casi). Se si riscontra fattore di potenza 1, il senφ sarà nullo, per questo motivo è possibile trascurare l’effetto delle reattanze (seconda parte nella formula della caduta di tensione industriale).
L’inverter si comporta come un generatore di corrente che immette un valore di corrente IFV proporzionale alla potenza solare irraggiata sui moduli; RL rappresenta la resistenza della linea elettrica in BT ed il secondario del trasformatore di cabina è rappresentato da un generatore ideale di tensione con in serie la resistenza RT. La tensione presso l’utente sarà quindi:
V2= V1 + (RL+RT) * IFV.
Esempio numerico
Se si ipotizza una tensione monofase a vuoto sul trasformatore di 240 V, una resistenza (RL+RT) pari a 0,5 Ohm e una corrente immessa di 32 A si ottiene una caduta di tensione di -16 V e la tensione presso il produttore supera il limite di 253 V (valori in blu in figura).
Concludendo
L’aumento di tensione è pari a circa (RL+RT)*IFV per cui, se vogliamo immettere una elevata potenza in rete, IFV sarà necessariamente grande e di conseguenza la RT e la RL dovranno essere piccole per non superare il 10% della tensione nominale.
Nella grande maggioranza dei casi di utenti prosumer la linea presenta resistenza sufficientemente bassa e non ci sono problemi ma, nel caso di utenze lontane dalla cabina, occorrono sezioni di cavo molto importanti che non sempre sono presenti nell’attuale sistema di distribuzione e quindi si può presentare il problema.